S. MARGHERITA VERGINE E MARTIRE

Le uniche notizie su Santa Margherita risalgono ad un’antica passio “greca” del V - VI secolo, attribuita ad un certo Teotimo (che si dichiara testimone dei fatti), dove compare unicamente con il nome di Marina, che rimarrà costante in tutta la tradizione orientale. In epoca antica, la passio di Teotimo fu tradotta in “latino” e nella traduzione, per una ragione sulla quale non si possono emettere che delle ipotesi, la santa compare con il nome di Margherita. I latini avrebbero sostituito Marina con Margherita.

- LA VITA E IL MARTIRIO -

Marina sarebbe stata originaria di Antiochia di Pisidia, figlia di un sacerdote pagano di nome Edesimo. Nessuna notizia si ha della madre: si sa solo che rimasta orfana alla nascita fu affidata dal padre ad una nutrice cristiana che abitava nella campagna vicina e che, all’insaputa del padre, educò la bambina ai principi evangelici. All’età di quindici anni, Marina, tornò alla casa paterna, dove provò subito disagio. Il padre, mal sopportando gli insegnamenti cristiani della figlia, la cacciò di casa, sicché, la giovane, fece ritorno dalla nutrice. Secondo la leggenda, un giorno, mentre conduceva le pecore al pascolo, Marina fu notata dal prefetto Olibrio, il governatore della provincia in viaggio verso Antiochia, il quale, rimasto colpito dalla straordinaria bellezza della fanciulla, decise di volerla prendere in moglie se di condizione libera, altrimenti come sua concubina. Dunque, ordinò ai suoi servitori che fosse condotta al suo cospetto. L’alto funzionario romano non riuscì a convincere Marina a sposarlo, perché la ragazza dichiarò di aver dedicato la sua verginità a Cristo. Alle promesse più allettanti, fecero seguito, dinanzi alle ostinazioni indomabili della giovane, le minacce più terribili. Olibrio, tentò invano di persuadere Marina ad abbandonare la sua fede e a sposarlo. Di fronte al rifiuto della fanciulla, il prefetto, si vide costretto ad applicare le leggi romane contro i cristiani, che prevedevano in prima istanza, la flagellazione e la carcerazione. Subita la tortura in cella, Marina fu sottoposta ad un nuovo interrogatorio ma, anche in questa occasione, non accettò di adorare le divinità pagane e tanto meno, le lusinghe del prefetto. Olibrio la fece sottoporre ad una serie di tormenti: fu gettata in prigione, dove il demonio unì i suoi assalti all’accanimento dei carnefici. È a questo punto, come vedremo, che si verifica un episodio che ha avuto maggiore fortuna nella successiva storia di Marina, soprattutto nella tradizione agiografica latina, quando il demonio le apparve sotto forma di un orribile drago gigante, circondato da serpenti, minacciando di divorarla. Con un solo segno di croce, la martire si liberò dall’abominevole aggressore. Nelle successive tradizioni, l’episodio del drago, si sviluppa in modo più drammatico: l’orribile bestia la inghiotte voracemente, ella rimane prigioniera nelle profondità interne del mostro. Marina, si sarebbe liberata con un segno di croce secondo la Passione greca di Teotimo, oppure, nelle versioni latine, in particolare nella lectio dell’ufficiatura liturgica, utilizzando un crocifisso16, come arma per squarciare il ventre dell’animale diabolico. Sconfitto la prima volta, il demonio non si lascia abbattere e ritorna sotto forma di un uomo villoso e sgraziato, i cui tratti, quelli di un etiope, comparivano spesso quando si trattava di rappresentare una tentazione di questo genere, ma ancora una volta, Marina, riesce a liberarsi dal suo assalitore. Tolta dalla prigione, la giovane deve affrontare l’ultima parte del processo. Viene sottoposta quindi ad una seconda fase di giudizio. Essendosi dimostrata inflessibile come nella prima parte del processo, Marina è costretta a subire altre torture, ed infine, la decisione di Olibrio di farla decapitare. La tradizione orientale vuole che s. Marina, sia stata decapitata il 17 luglio del 290, durante l’impero di Diocleziano (284 – 305).  La testa della santa, venne racchiusa in un prezioso busto d’argento, conservato in un reliquiario di noce, donato dal Cardinale Giovanni Vitelleschi, nel 1440.

- RELIQUIE  E CULTO -

Nel X secolo il corpo di S. Margherita fu trafugato da Agostino da Pavia che voleva portarlo nella propria città. Giunto, però, nell'abbazia di Montefiascone egli, dopo essersi ammalato. morì lasciando la reliquia in quel luogo: sono comunque diverse le località, specie italiane e francesi, che vantano il possesso delle sue reliquie. i riferimenti alla santa , riportati negli altri Martirologi sono piuttosto esigui per quanto riguarda l’esistenza della leggenda. Essi sono tuttavia utili solo come testimonianze del culto alla santa, venerata durante il Medioevo con entrambi i nomi: Marina e Margherita. Per quanto riguarda il culto, nel secolo XI, risulta preziosa la testimonianza del carme (XX) già ricordato composto dal monaco Alfano da Salerno, benedettino. Nei secoli XII–XIII si trovano diverse testimonianze, che attestano la continuità del culto. In Oriente, sempre venerata con il suo nome originale di Marina appare nei calendari dei diversi riti, in generale al 17 luglio, sebbene nella tradizione letteraria sia greca sia latina, la data del martirio non viene mai precisata. In Occidente, venerata con il nome di Margherita anche se nel Martirologio di Rabano Mauro del secolo IX, ritroviamo il nome originale di Marina e il 20 luglio sarà la data di commemorazione della martire in tutto l’Occidente.  Molto popolare nel Medioevo, Giovanna d'Arco dichiarò che una delle voci celesti che udiva era proprio quella di santa Margherita (che le appariva insieme a Santa Caterina di Alessandria e all'arcangelo San Michele).  Santa Margherita  V. e M.  fu inserita tra i quattordici "santi ausiliatori", che con fede, venivano invocati nei momenti difficili. È molto venerata (col nome di "Marina") anche dalla Chiesa ortodossa, che ne celebra la memoria il 17 luglio e la invoca contro le febbri malariche. La stessa data è utilizzata nelle regioni  dell'Italia meridionale, dove il culto con ogni probabilità, fu importato durante le persecuzioni, dai monaci bizantini.